Rinnovo contratto sanità: sindacati divisi come al solito
Il rinnovo del contratto della sanità ha lasciato un segno profondo tra i sindacati. Alcuni hanno scelto la firma, altri hanno detto no, e il fronte si è diviso quasi a metà.
Da una parte Cisl, Fials, Nursind e Nursing Up hanno sottoscritto l’accordo. Hanno valutato che, dopo più di un anno di trattative, fosse necessario dare un risultato concreto ai lavoratori: aumenti, seppur limitati, arretrati, qualche passo avanti sugli inquadramenti e sull’area di elevata qualificazione. Per loro era il massimo ottenibile nel quadro di risorse messe a disposizione, e tenere il tavolo aperto avrebbe significato solo allungare i tempi senza garanzie. Nursing Up, che a lungo aveva contestato la bozza, alla fine ha deciso di firmare ritenendo di aver strappato alcune correzioni decisive e che non firmare avrebbe lasciato i professionisti senza prospettive.
Sul fronte opposto, Fp Cgil e Uil Fpl hanno respinto l’accordo. Hanno denunciato che gli aumenti non recuperano la perdita di potere d’acquisto accumulata, che la contrattazione decentrata resta bloccata e che, per molti infermieri e operatori, le condizioni di lavoro peggioreranno. Secondo loro, firmare equivaleva a svendere la professionalità di oltre mezzo milione di dipendenti pubblici della sanità.
Le ragioni delle due parti si intrecciano: chi firma dice che un contratto imperfetto è meglio di nessun contratto; chi rifiuta sostiene che accettare adesso significa restare bloccati per anni con un testo inadeguato. In mezzo resta la frustrazione di tanti lavoratori, stretti tra carichi di lavoro insostenibili e stipendi che non tengono il passo del costo della vita.
La spaccatura non è solo sindacale: riflette il dilemma eterno di ogni trattativa collettiva. Meglio un compromesso che porta qualcosa subito, o resistere per puntare a un cambiamento più profondo? Oggi il contratto c’è, ma l’unità tra le sigle sindacali sembra più lontana.
Enzo
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