Marcello Veneziani a L’Augusta: “Bisogna avere il coraggio di mandare a 
casa quei poteri che governano da troppo tempo”
Nel quarto appuntamento invernale del festival L’Augusta - La Fortezza 
delle idee, il giornalista, scrittore e filosofo Marcello Veneziani ha 
presentato il suo ultimo libro: “Scontenti. Perché non ci piace il mondo 
in cui viviamo”.  Gli scontenti - secondo Veneziani - sono la 
maggioranza della popolazione e la scontentezza cresce nonostante 
l’aumento del benessere materiale.
Il filosofo ha parlato anche dell’importanza di correlare diritti e 
doveri. “Al momento che si impone il ‘diritto di avere diritti’, in 
realtà si elevano i desideri a norma e si entra nel puro egoismo. Anche 
la maternità è diventata un ‘diritto’, inteso come desiderio e 
capriccio, da soddisfare a qualunque prezzo. Come nella maternità 
surrogata, che sdogana la vendita e l’acquisto del corpo umano e 
rappresenta il gradino più basso della commercializzazione 
dell’esistenza”.
Veneziani ha raccontato poi la sua partecipazione al Festival du Livre 
di Parigi, dove ha incontrato altri ospiti recenti de L’Augusta, come 
Beatrice Venezi e Federico Palmaroli. “Dopo decenni di egemonia 
culturale di sinistra, è un buon segnale che si riaprano le maglie di 
certi eventi culturali a una presenza trasversale. A Parigi si è 
respirata quest’anno un’aria più plurale e frizzante”.
Sul tema culturale, Veneziani ha continuato: “È fondamentale riconoscere 
la libertà di espressione, la qualità a prescindere dagli orientamenti 
politici e la circolazione delle idee. Bisogna consentire 
l’avvicendamento nei luoghi di responsabilità: non ci può essere un 
monopolio ideologico. Non bisogna avere il complesso di inferiorità, il 
timore di sostituire la classe dirigente. Esiste la possibilità di 
cambiamento, esiste lo spoil system: bisogna avere il coraggio di 
mandare a casa alcuni poteri che da troppo tempo governano, e che sono 
diventati così cosche, mafie culturali”.
Veneziani ha infine accennato anche ai meccanismi mentali della 
emergenza. “In nome dell’emergenza ci stanno togliendo libertà 
elementari: dal covid, alla guerra, alla crisi economica, per ‘il nostro 
bene’ è stato appiattito il dibattito e impedito il dissenso, andando 
verso un conformismo obbligato. L’ultimo esempio è stata la retorica del 
25 aprile: ascoltando i tg sembrava di essere nel 26 aprile del 1945. 
Ogni fatto del passato è stato storicizzato, mentre il fascismo viene 
rappresentato come ‘emergenza’ per poter applicare questi meccanismi di 
censura e controllo. Questa cultura dell’emergenza ci porta alla perdita 
della libertà, nel nome della libertà: che è il paradosso dei regimi 
totalitari”.
             
            
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