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Il fenomeno “Maranza”: origine, evoluzione e percezioni
Che cos’è
“Maranza” è un termine usato per descrivere un certo tipo di giovane urbano che ostenta abbigliamento appariscente, linguaggio da strada e atteggiamento provocatorio. Non indica un gruppo organizzato ma un fenomeno sociale e culturale che mescola estetica, musica e comportamento.
Origine del termine
La parola nasce nel dialetto milanese, dove già negli anni ’80 significava “rozzo” o “tamarro”. Con l’esplosione della trap e dei social, dal 2018 in poi il termine viene ripreso e diffuso dai giovani di periferia, fino a diventare virale tra il 2020 e il 2022.
Nascita e diffusione
Il “maranza” moderno nasce nelle periferie di Milano e si lega alla scena trap e drill. Artisti come Sfera Ebbasta, Rondo Da Sosa, Simba La Rue e Neima Ezza diventano punti di riferimento estetici.
Dal 2020 il fenomeno esplode su TikTok e Instagram, dove ragazzi mostrano look vistosi, linguaggio colorito e comportamenti da “gang”. Da qui la parola si diffonde in tutta Italia, diventando anche un meme culturale.
Linea temporale sintetica
Anni ’80–’90: termine locale milanese con significato di “rozzo”.
2018–2020: ritorno del termine grazie alla musica trap.
2022: esplosione nazionale e casi di cronaca legati a risse e “baby gang”.
2023–2025: evoluzione in fenomeno ibrido, tra reale e social, con autoironia e imitazioni.
Perché nasce la percezione di violenza
La paura collettiva verso i “maranza” deriva da più fattori:
1. Comportamenti reali. Alcuni gruppi di ragazzi etichettati così sono coinvolti in risse o piccoli reati.
2. Ostentazione sui social. Armi, motorini e soldi vengono mostrati come simboli di status.
3. Amplificazione mediatica. I media concentrano l’attenzione sui casi più estremi, creando un effetto di “emergenza”.
4. Estetica da strada. L’abbigliamento richiama quello delle gang, anche se spesso è solo imitazione.
5. Diffidenza sociale. Giovani di periferia, spesso figli di immigrati, diventano capro espiatorio di paure collettive.
Dati e realtà
Non esistono statistiche ufficiali sui “maranza” perché non sono un gruppo definito. Tuttavia, tra il 2022 e il 2024 diverse città italiane (Milano, Torino, Bologna, Roma) hanno registrato aumenti di segnalazioni di baby gang e reati minori commessi da adolescenti tra i 14 e i 18 anni.
La maggior parte degli episodi è circoscritta e non riconducibile a organizzazioni strutturate.
Le ombre del fenomeno
Criminalizzazione giovanile. Etichettare tutti come “maranza” rischia di colpire anche chi cerca solo identità e appartenenza.
Panico mediatico. L’eccessiva esposizione crea un senso di paura sproporzionato rispetto ai dati reali.
Moda della devianza. L’immagine del “duro” diventa status symbol e può spingere all’emulazione.
Esclusione sociale. La mancanza di opportunità reali alimenta rabbia e bisogno di visibilità.
Le paure reali
Al di là del clamore, alcune preoccupazioni sono fondate:
Aumento di aggressioni tra coetanei.
Spettacolarizzazione della violenza sui social.
Difficoltà delle famiglie e delle scuole a gestire modelli di riferimento negativi.
Rischio che l’identità “maranza” diventi trampolino verso comportamenti devianti.
Come interpretarlo
Il fenomeno è un riflesso di disuguaglianza, mancanza di prospettive e ricerca di riconoscimento.
I “maranza” usano moda e linguaggio come strumenti di appartenenza e ribellione.
I social amplificano tutto, premiando chi provoca e mostrando solo l’aspetto più estremo.
Cosa servirebbe davvero
Educazione ai media per distinguere realtà e spettacolo.
Spazi di aggregazione e sportivi nelle periferie.
Progetti di inclusione e lavoro per adolescenti a rischio.
Comunicazione responsabile da parte dei media.
Interventi sociali e non solo repressivi da parte delle istituzioni.
Conclusione
Il “maranza” non è solo un giovane ribelle. È il sintomo di un disagio sociale che unisce povertà, visibilità digitale e mancanza di prospettive. La sua immagine violenta nasce da pochi episodi reali amplificati da media e social.
Oggi il termine indica più una maschera culturale che un pericolo collettivo. Capirlo serve a ridurre la paura e a intervenire sulle cause, non sui simboli.
Collettivo Studi Popolare
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