L'Asl recluta medici a partita Iva per gli ospedali della Lucchesia
LUCCA. Medici a partita Iva al lavoro in ospedale e nelle strutture pubbliche della Lucchesia. Non è una novità assoluta, ma di certo “fa strano” e anche i sindacati si dicono preoccupati: «Si crea un’allarmante disparità salariale con i medici dipendenti», afferma Pietro Casciani, segretario generale della Uil Fpl. Andiamo con ordine.
Il bando
Lo scorso anno l’Asl nord ovest ha pubblicato una manifestazione di interesse per la formazione di elenchi di personale medico a cui attribuire incarichi libero professionali. L’avviso era rivolto anche a specializzandi e medici in quiescenza, operanti nelle seguenti discipline: psichiatria, anestesia e rianimazione, medicina interna, emergenza urgenza (Pronto soccorso), anatomia patologica, ginecologia ed ostetricia, pediatria, oftalmologia, otorinolaringoiatria, patologia clinica, radiodiagnostica, malattie dell’apparato respiratorio, medicina del lavoro, gastroenterologia, cardiologia, geriatria, nefrologia, neurochirurgia, malattie infettive, neurologia, ortopedia e traumatologia e persino direzione medica di presidio. Insomma, c’era un po’ di tutto. L’incarico, da sei a dodici mesi per un massimo di 38 ore settimanali, è da svolgersi nelle dodici zone distretto che compongono l’Asl nord ovest: Lunigiana, Apuane, Valle del Serchio, Piana di Lucca, Versilia, Pisana Valdera, Alta Val di Cecina, Livornese, Bassa Val di Cecina, Val di Cornia ed Elba. Il compenso previsto è di 35 euro l’ora per medici specializzati o in quiescenza e di 26 euro l’ora per medici specializzandi. In caso di assegnazione a sedi disagiate (isole, comunità montane, carceri o Rems), le tariffe salgono rispettivamente a 39 e 30 euro l’ora. In caso di attribuzione dell’incarico di lavoro autonomo il professionista deve aprire partita Iva, stipulare un’assicurazione contro gli infortuni e una per la responsabilità civile.
I vincitori
Al bando risposero diversi medici, 26 dei quali all’epoca erano ancora specializzandi. Nei giorni scorsi l’Asl ha pubblicato una nuova delibera per adeguare i loro stipendi, visto che nel frattempo hanno concluso il percorso di specializzazione. Sul nostro territorio sono sette: tre sono in servizio all’unità di Salute mentale (due a Lucca, l’altra in Valle del Serchio), una a Pneumologia, una a Malattie infettive, una a Medicina trasfusionale, una Cardiologia.
Sindacati preoccupati
L’utilizzo di medici libero professionisti all’interno delle strutture pubbliche è una questione delicata e che talvolta fa discutere. Se non ben regolato l’utilizzo sistematico di medici a partita Iva può configurare un’elusione delle regole concorsuali previste per l’accesso alla pubblica amministrazione e inoltre maschera un rapporto di lavoro che di fatto è subordinato ma che formalmente è autonomo. Ma la questione che più fa discutere è relativa ai compensi percepiti da questi medici che solitamente hanno un costo orario superiore a quello di un dipendente strutturato. «Prendono più soldi e questo può far nascere dei contenziosi – spiega Pietro Casciani, sindacalista della Uil Fpl –. Noi prediligiamo l’assunzione di personale a tempo indeterminato attraverso il concorso, ma quando questo non è possibile, ormai da tempo, l’Asl si rivolge al mercato privato altrimenti non riuscirebbe a garantire il servizio».
I motivi della scelta
Dall’azienda sanitaria fanno sapere che l’utilizzo di medici a partita Iva, pur limitata, è una pratica che ormai viene utilizzata da diversi anni e che dopo il Covid è stata allargata all’utilizzo dei medici specializzandi (ovviamente seguiti da un tutor). I motivi per cui l’azienda sanitaria si rivolge a questi professionisti sono sostanzialmente due: la necessità di garantire i livelli essenziali di assistenza (Lea) in caso di esaurimento delle graduatorie a cui attingere per il fabbisogno aziendale o nel caso in esse non vi siano professionisti per determinate specialità (i Pronto soccorso sono un caso comune anche se qui non sono stati utilizzati); svolgere progetti ad hoc con un monte ore limitato per i quali non c’è personale disponibile tra gli strutturati. È, dunque, una soluzione tampone utile ad affrontare le criticità del sistema sanitario in una fase delicata sul fronte del fabbisogno di personale. Ma è una soluzione, però, che espone a rischi legali, sindacali e qualitativi se non regolamentata a dovere.