Centro storico ..città di ricchi
Lentamente il centro stori ...
In America le armi sono in mano a tutti è vero ma i killer non sono mai da giustificare
Mi dispiace di questa morte, sia stato un uomo di destra o di sinistra per me è uguale è morto come molti illustri americani uccisi da cecchini
L’America divisa sull’omicidio di Charlie Kirk
Charlie Kirk, 32 anni, era uno dei volti più riconoscibili del conservatorismo statunitense. Fondatore di Turning Point USA, organizzazione nata per mobilitare studenti universitari di destra, aveva costruito la sua carriera tra campus, social e tv, a colpi di dibattiti incendiari e prese di posizione senza compromessi. Non parlava mai a bassa voce: attaccava i democratici, accusava i docenti progressisti di “indottrinamento”, difendeva Trump e il nazionalismo cristiano come baluardi della nazione.
Per i suoi sostenitori era un combattente, un oratore capace di dire quello che altri non osavano. Per i detrattori, invece, era un demagogo pericoloso, un uomo che polarizzava e alimentava divisioni. Qualcuno lo ha persino definito “un piccolo Trump dei campus”.
Il 10 settembre 2025 la sua parabola si è interrotta bruscamente nello Utah. Davanti a migliaia di persone, durante un evento pubblico, un colpo di fucile lo ha centrato al collo. È morto sul posto, trasformando un incontro politico in una scena di guerra.
Dietro il grilletto, secondo l’accusa, c’era Tyler Robinson, 22 anni, studente in un corso tecnico. Un ragazzo qualunque, non legato al campus, che negli ultimi mesi aveva maturato ossessioni politiche e rabbia crescente verso Kirk. A incastrarlo non sono state solo le telecamere, ma soprattutto i bossoli trovati vicino al punto di tiro: incisi a mano con frasi come “Goodnight Charlie”, “Clown world”, “Die fascist” e persino “Bella ciao”. Un messaggio urlato nel metallo, come a voler trasformare l’assassinio in manifesto.
Le autorità parlano di un omicidio politico. Ma l’America, come sempre, si è spaccata. Da una parte chi piange Kirk come martire della libertà di parola, dall’altra chi, con cinismo, ha esultato online, quasi che la sua morte fosse una vendetta ideologica. Una reazione che dice molto più del livello di odio nel dibattito pubblico che di Kirk stesso.
Perché, al di là delle opinioni, nessuno “merita” un colpo di fucile in diretta. Kirk aveva detto e fatto cose che dividevano, aveva sicuramente costruito la sua carriera sulla provocazione. Ma provocare è parte della politica; uccidere no. E chi oggi festeggia la sua morte dimostra di non essere migliore del nemico che dice di combattere.
Charlie Kirk se n’è andato così: non per un errore, non per una truffa, non per uno scandalo, ma perché qualcuno ha deciso che le parole di un avversario valevano un proiettile. Ed è questa, forse, la condanna più dura di un Paese che sembra aver dimenticato che la democrazia si regge sul confronto, non sulla vendetta.
questo tizio, questo Kirk, era uno che predicava l'uso delle armi, con una certa predilezione per i fucili d'assalto… Alla faccia del Vangelo!
anonimo - 13/09/2025 11:46Paladino del libero fucile....
Sarà morto contento.
Stamattina alla radio parlavano del tema armi in USA,
un sociologo diceva che è la società americana è così,
molto diversa dalla europea.
A trent'anni ho pensato di emigrare, ma in nessun caso in USA, pensavo alla Nuova Zelanda.
Chi di spada ferisce di spada perisce.
La morte di questo Kirk sarà usata da Trump per giustificare una svolta autoritaria.
anonimo - 13/09/2025 02:03Lentamente il centro stori ...
Mah... C’è un punto ...
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