Massimo Raffanti, giornalista e scrittore lucchese ospite di un importante Festival del libro sportivo in Sardegna.
								
                                                                    
                                    
                                                                
Il
 prossimo 27 settembre, presso  l’Antica Casa Olla di Quartu Sant’Elena 
(Cagliari)  all'interno di "Ideario Sport" - Festival del libro 
sportivo,  verrà  presentato il volume "Lo sport avventuroso, memorie e 
meditazioni di un pioniere delle discipline del coraggio."
(Passaggio al Bosco Edizioni)
Il
 gradito invito è giunto proprio in questi giorni all'autore, da sempre 
"sport man en plain air" e, dal lontano 1984, divulgatore del volo in 
mongolfiera e della figura di Vincenzo Lunardi, il settecentesco 
aeronauta lucchese su cui ha scritto un libro e realizzato un 
cortometraggio.
Il noto Festival di letteratura sportiva
 organizzato dal Comitato regionale Sardegna ,dall’Ente di promozione 
sociale e sportiva ASI, in collaborazione con l’Associazione culturale 
Ideario, il Comune di Quartu Sant’Elena, con il patrocinio del CONI 
Sardegna e dell’USSI Sardegna,  intende promuovere e valorizzare i libri
 di settore, raccontando le azioni e le imprese di atleti e campioni, le
 vicende sportive e personali, i valori e gli esempi, i lati oscuri, i 
miti e i riti nelle pratiche sportive, oltre alle personalità di uomini e
 donne che sono entrati nella memoria grazie alle loro gesta sportive.
Il Festival utilizza il racconto per indagare su valori e sui riferimenti culturali di questo appassionante universo.
Dice Alberto Scuderi: 
...Raffanti infatti, dopo una carriera di lungo corso nel giornalismo, fin dagli anni Ottanta ha praticato paracadutismo sportivo e alpinismo, oltreché
 aver introdotto in Italia pratiche quali il volo in parapendio e la 
discesa fluviale in kayak, fino alla grande passione del volo in 
mongolfiera. 
...imperdibile l’intermezzo presente nel libro -, in Lo sport avventuroso dove l’autore
 ha fatto confluire, per certi versi, ognuno di questi tasselli in un 
puzzle ben più grande che è la sua vita. Verrebbe da dire inimitabile, 
se l’encomio non lo facesse arrossire. Eppure, questo 
memoir,
che
 dalla prima all’ultima riga non smette mai di riguardare anche il più 
sedentario e pigro degli esseri umani, è innanzitutto un atto di 
coraggio. Prima verso sé stessi, poi, eventualmente, nei confronti del 
mondo.. Con un elemento in comune, però: «l’esigenza di un confronto con
 la grande natura», spinti dal «sottile piacere d’ammirare nuove 
prospettive del mondo, la più grande dimensione d’orizzonte possibile e,
 non ultimo, il gusto d’assaporare nuovi ritmi di vita». Per uscire da 
una certa idea di “normalità”, dunque, e riconciliarsi con un disegno 
che trascenda l’umana condizione. Lo sport inteso quale «vero e proprio 
culto di forza interiore», «certamente direzionato ad una ricerca d’identità oltre che di dignità;
 un traguardo spontaneo e di rapporto con sé stessi. Per una vita che 
ognuno ha il diritto di scegliersi». Come del resto è capitato a 
Raffanti, che fin da piccino e, in maniera più consapevole, da 
adolescente lo si vedeva correre con il naso all’insù al campo di 
Tassignano, vicino Lucca, per assistere ai vari decolli, atterraggi ed 
esercitazioni.
...Entusiasmante il capitolo dedicato alla mongolfiera,
 l’avventura più leggera dell’aria, come viene definita. Sogno confesso 
di chi il cuore non s’è deciso ancora a venderlo – per “guidarne” 
qualche esemplare, s’intende -, quei palloni di pura gioia decollano 
sempre all’alba «perché è il momento del risveglio del giorno, dei 
pensieri positivi di ognuno e di una natura che, nei colori e nelle 
ovattate atmosfere del volo può suggerirti vibrazioni solo intuite ma 
mai sapientemente razionalizzate». Un’emozione cui fa da contraltare 
l’aggressività delle correnti agitate dei fiumi di montagna da solcare, 
dove l’entusiasmo delle discese ripide «si miscela alla paura tramite il
 brivido di mille cavalcate di altrettante forze liquide: in un amalgama
 psicologico speciale e fascinoso». Quanto del sublime di William Tuner –
 il grande pittore inglese delle tempeste di mare e dei vortici – ci sia
 in un’esperienza del genere è affare che pertiene ai soli romantici. 
Categoria di uomini non comuni, in cui rientra certamente lo sportivo 
francese citato dall’autore Guy Ogez, esperto di speciali imbarcazioni 
come il kayak-mare. Usata dagli esquimesi per la caccia alla balena, questa
 è una canoa leggerissima, buona tanto per il fiume che per l’alto mare 
aperto, capace di «rovesciarsi decine di volte» e tornare sempre a galla
 «con un colpo subacqueo di pagaia detto “eskimo”». Impiegata da 
Raffanti proprio per le sue caratteristiche in occasione di una 
memorabile escursione all’Elba, di cui tuttavia non possiamo riferire 
l’esperienza “melvilliana” per rispetto che dobbiamo al lettore: basti 
sapere che ogni cosa accade per essere raccontata, magari davanti a dell’ottimo vino gustato al tramonto.
Dunque,
 l’avventura sportiva, ci pare di aver capito arrivati fin qui, è 
soprattutto un’elevazione dello spirito in grado di formare il 
carattere, figlio più che mai delle nostre decisioni, delle scelte che 
ogni giorno prendiamo in un senso o nell’altro – e a tal proposito, la postfazione di Matteo Colnago dice
 parole definitive. La passione della montagna – cui Raffanti dedica la 
parte finale del libro – da questa prospettiva non può consistere in 
altro che in una fiera scoperta dell’Io profondo. Raggiunto per mezzo di
 sentieri, arrampicate, vedute, luci e silenzi. Tra i materiali 
contenuti in appendice al volume, insieme a una intervista all’alpinista Reinhold Messner, di
 grande interesse è il contributo – pubblicato nel febbraio 1936 su 
“Rivista mensile del CAI” con il titolo “Meditazioni delle vette” – di 
uno studioso che di spirito se ne intendeva, l’esoterico filosofo Julius Evola (1898-1974),
 secondo cui «la spiritualità della montagna corrisponde a ciò che, nel 
senso più alto, severo e universale, può chiamarsi tradizione». Cioè a 
dire una storia impastata con il mito, fatta di simboli e analogie che 
le vette più alte hanno da sempre rappresentato agli occhi dell’uomo 
antico. Il solo ad aver trasformato l’esperienza della montagna, scalandola con eroico slancio, «in
 un modo d’essere». Il solo modello d’uomo, infine, cui richiamarsi 
potrebbe voler dire salvarsi dalle catene degli obblighi e dalla 
monotonia del grigiore quotidiano.