Ivano Fanini commenta il Tour de France 2025
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Ivano Fanini commenta il Tour de France 2025: “Pogacar, un robot. Milan, il verde della speranza per il ciclismo italiano. Martinez, il futuro. Alla squadra Israel dico che li rispetto come professionisti, ma forse il nome andrebbe cambiato. Offro loro gratuitamente AMORE E VITA, sarebbe un bel segnale per tutti …”
Il Tour de France 2025 si è concluso da pochi giorni, e Ivano Fanini ha molto da dire sulla corsa più importante del ciclismo mondiale, avendo avuto anche un legame particolare con il Tour di quest’anno. Un legame che va oltre il semplice interesse professionale.
“È stato uno spettacolo interessante la Grand Boucle di quest’anno- inizia la sua analisi uno dei più importanti dirigenti del ciclismo contemporaneo- senza però essere fenomenale o particolarmente emozionante, ci tengo a precisarlo. È stato comunque un buon Tour, bello da vedere, ma non con picchi che ti fanno battere il cuore come altre edizioni. La cosa che mi ha colpito maggiormente è stata l’ultima tappa, quella sui Campi Elisi. Wout Van Aert è riuscito a fare qualcosa di incredibile, vincendo in un luogo storico, ma soprattutto staccando Pogacar, che voleva assolutamente vincere con la maglia gialla.
Da italiano, però, mi sono maggiormente emozionato per la vittoria della maglia verde, che è tornata in Italia grazie a Jonathan Milan. Un traguardo incredibile, che solo tre ciclisti italiani nella storia sono riusciti a conquistare, e Milan è uno di loro. Non è cosa da poco, un successo straordinario per il ciclismo italiano. Tra l’altro, tutti e tre, Milan compreso, hanno in qualche modo legami con me. Il grandissimo Franco Bitossi infatti, ha corso con le bici Fanini e la nostra amicizia va avanti fino ad oggi, tant’è vero che festeggiò i suoi 80 anni proprio nel museo Fanini – Amore e Vita. Poi c’è Petacchi, che ormai vive nelle mie zone da anni. Anche se non ho mai avuto il piacere di farlo correre con le mie squadre (a dire il vero, avrei voluto ingaggiarlo agli inizi di carriera, ma poi virai su Magnusson), ci lega una profonda stima reciproca. Ho avuto anche l’onore di premiarlo con la ‘Sfinge d’Oro’ al Premio Fedeltà allo Sport di Valter Nieri, che celebra ogni anno i più grandi campioni italiani ed internazionali dello sport. E infine, Milan, figlio di Flavio, che ho fatto passare professionista con Amore e Vita nel 1992, anche se purtroppo senza successo. Flavio aveva talento, anche se non paragonabile a quello del figlio, ma posso comunque dire che i suoi geni sono stati ben trasmessi a Jonathan, che sta dimostrando di avere tutte le carte in regola per diventare il più forte velocista di tutti i tempi e superare anche i record del mio ex Mario Cipollini.”
“Ci sono però altri atleti legati al mio team- continua Ivano Fanini- che si sono messi in evidenza durante questo Tour. Lenny Martinez, il più giovane atleta del Tour de France di quest’anno, ha indossato per molti giorni la maglia a pois di leader della classifica degli scalatori, chiudendo poi al terzo posto di questa prestigiosa classifica dietro Pogacar e Vingegard. È stato un risultato fantastico. Lo ricordo quando aveva solo cinque anni e faceva le sue prime pedalate con la nostra maglia Amore e Vita – McDonald’s. All’epoca suo padre, Miguel, tre volte campione del mondo e campione olimpico di MTB a Sydney 2000, correva con noi (con cui ha vinto l’unica gara su strada della sua lunga e importante carriera terminata peraltro con il nostro team). Vederlo oggi, poco più che ventenne, protagonista al Tour, è una soddisfazione enorme. Sono convinto che, con la giusta esperienza, Lenny non si limiterà a vincere la maglia a pois, ma potrà puntare a una classifica generale, e per i prossimi cinque anni lo vedo lottare al Tour con Pogacar, Vingegard e probabilmente il nostro azzurro di maggiore spicco, Mark Lorenzo Finn. Non sarà facile, ma ha la mentalità giusta e la guida perfetta del padre. Poi c’è stato Mike Woods, canadese portacolori della Israel, che abbiamo scoperto e portato al ciclismo dopo la sua carriera nell’atletica. Woods ha avuto delle giornate da protagonista, ma purtroppo gli è mancato il successo di tappa. Ci ha provato, ma non è andata. Comunque, resta il fatto che nelle salite ha quasi sempre cercato di dare spettacolo, e per noi che lo abbiamo lanciato, vederlo lì è una soddisfazione continua.
“Anche a causa del mio legame molto forte con il ciclismo danese, ho seguito con trepidazione anche la gara di Vingegard. Alla fine degli anni ’70 e in tutti gli anni ’80, ho avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del ciclismo in Danimarca, un paese che all’epoca non aveva alcuna tradizione ciclistica. Grazie all’amico Ole Ritter, che è stato anche primatista del record dell’ora, ho portato in Italia tantissimi danesi. Tra questi, voglio ricordare il mio pupillo, Rolf Sørensen, che ha scritto la storia del ciclismo, non solo in Danimarca ma a livello internazionale. Ho anche lanciato molti altri come Jesper Worre, Jens Veggerby, Soren Lilholt, Alex Pedersen, Bjarne Riis (che portai in Italia da Juniores per correre il Giro della Lunigiana e che poi ha vinto il Tour de France), Kim Eriksen, Jorgen Marcussen, Nicolai Bo Larsen (vincitore con noi di una tappa al Giro). Ma non posso dimenticare Brian Pedersen, un mio atleta nel 1990, che ha avuto un ruolo determinante nella carriera di Jonas Vingegard. Brian è stato lo scopritore, il mentore, l’allenatore e direttore sportivo di Jonas fino al suo passaggio alla Visma, e per questo motivo tifo con grande passione per lui. Tuttavia, quest’anno Pogacar è stato davvero incontenibile sotto ogni punto di vista, e purtroppo per Vingegard non c’è stato niente da fare, anche perche Pogacar è un vero e proprio ‘robot’, un ‘Terminator’ del ciclismo. Non lascia mai nulla agli avversari, nemmeno un piccolo ‘regalo’. È una macchina da corsa, e questo, se vogliamo, per uno come me, che proviene da un ciclismo forse più ‘romantico’, un po’ mi toglie il gusto delle sue vittorie. Ma bisogna ammettere che è il migliore di tutti. Oggi, se mi chiedessero chi è il più grande ciclista di tutti i tempi, senza dubbio risponderei Pogacar. Vince praticamente il 95% delle corse a cui partecipa, domina in salita, in volate ristrette, è tra i più forti a crono, sui muri delle classiche e non ha paura ad attaccare e fare lunghe fughe da solo. E tutto questo lo fa in un modo che nessuno aveva mai fatto prima. Nessuno, nemmeno Fausto Coppi, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Miguel Indurain, Bjarne Riis, Marco Pantani, Lance Armstrong o Chris Froome, è mai stato capace di fare quello che sta facendo lui. La Slovenia è davvero fortunata ad avere il numero uno del ciclismo mondiale, e non solo, perché molti altri talenti stanno venendo fuori grazie all’impulso Pogacar. La Slovenia sta vivendo un periodo incredibile nello sport, non solo nel ciclismo, basti pensare che nel basket, con Luka Doncic, sono tra i dominatori a livello mondiale. Una nazione così piccola che a livello sportivo è un modello per tutti e dovremmo prendere esempio da loro.”
Ivano Fanini conclude il suo intervento con una valutazione che riguarda la politica e la situazione internazionale :” Mi sento particolarmente vicino al team Israel per molte ragioni. Innanzitutto, voglio sottolineare che il Team Manager, Kjell Carlstrom, l’ho portato proprio io nel mondo del professionismo. Lo scoprii nel 2000 durante una gara in Bulgaria, e dal 2001 al 2004 ha corso con noi, vivendo quattro stagioni bellissime che gli permisero poi di fare il salto alla Liquigas. Kello, come lo chiamavamo, è una persona di grande intelligenza e già allora si percepiva chiaramente che possedeva qualcosa di speciale. Si vedeva che era destinato a diventare un Top Manager. Nella sua squadra, poi, ci sono figure a me molto care, come i direttori sportivi Frassi e Cataford: il primo è stato Direttore Sportivo della nostra squadra per molti anni, mentre Cataford ha corso con noi come atleta. Anche il meccanico polacco Dabrowski ha fatto parte di Amore e Vita per diverse stagioni come corridore, senza dimenticare Mike Woods, che ho già menzionato pocanzi. Per tutti questi motivi, mi sento davvero vicino a loro. In realtà, grazie proprio a Carlstrom, avevamo anche progettato una collaborazione che avrebbe dovuto concretizzarsi nel 2022, ma alla fine, a causa di scelte dell’ultimo minuto del patron Sylvn Adams, la cosa purtroppo non andò in porto. Ciò che ho letto nell’articolo di De Marchi lo condivido pienamente, e gli faccio un grande applauso per il coraggio che ha avuto nell’esprimere pubblicamente il suo punto di vista, che so bene potrebbe risultare scomodo a molti- conclude Ivano Fanini-.. Tuttavia, la situazione in Israele è davvero tragica, e mi addolora profondamente, poiché è una terra che amo molto. Come praticante cattolico e legato al Santo Padre Giovanni Paolo II, ho avuto il privilegio di visitare Israele numerose volte, per vedere i luoghi legati alla vita di Gesù Cristo. Ma ciò che sta accadendo oggi è devastante e vergognoso. I morti non si contano più, e sembra che non ci sia una via d’uscita pacifica, almeno nel breve periodo, purtroppo. Ho anche un ex atleta israeliano, Niv Libner, con cui io e mio figlio Cristian siamo ancora in contatto. Lui si trova attualmente sotto le bombe, e ci descrive la situazione come apocalittica. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo vissuto una situazione simile con la guerra in Ucraina. Avendo un gran numero di atleti ucraini e una licenza in quel paese, decidemmo di fermarci per riprendere più avanti. Successivamente, mi è stata proposta la possibilità di portare nel team uno sponsor russo e uno iraniano, ma ho scelto di non farlo, proprio per la situazione geopolitica in quei paesi, entrambi coinvolti in conflitti. L’UCI, in quel caso, aveva preso una posizione chiara che noi abbiamo sostenuto e rispettato. Ora, non sto dicendo che il team Israel debba smettere di esistere, assolutamente no. Anzi, credo che debbano continuare a correre. Ma mi chiedo se continuare a farlo con il nome “Israel” non stia creando più danni che benefici, soprattutto in un contesto globale così teso. Mi viene in mente una situazione che riguarda la mia squadra. Nel 1989, decisi di scrivere sulle maglie della squadra un messaggio molto forte: “No all’Aborto”.
Quel mes.. (continua https://www.ciclismoblog.it/2025/08/01/ivano-fanini-commenta-il-tour-de-france-2025-pogacar-un-robot-milan-il-verde-della-speranza-per-il-ciclismo-italiano-martinez-il-futuro-alla-squadra-israel-dico-che-li-rispetto-come-pr/
di Massimiliano Paluzzi
https://www.ciclismoblog.it/2025/08/01/ivano-fanini-commenta-il-tour-de-france-2025-pogacar-un-robot-milan-il-verde-della-speranza-per-il-ciclismo-italiano-martinez-il-futuro-alla-squadra-israel-dico-che-li-rispetto-come-pr/
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