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Lentamente il centro stori ...
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etimologia: dal greco "οι", esclamazione di dolore o meraviglia, unito ad "εμέν" (emèn), accusativo di "εγώ" (io). varianti: oimmè. esempi: Oimmena quantu si (...)
Tanti termini e dizioni di oggi hanno certamente l'origine che si perde nella notte dei tempi, anche più di otto-diecimila anni fa.
Pre-latini, pre-greci, pre-arabi, pre-etruschi.
Non per niente gli studiosi nominano lingue indoeuropee che provengono dalla cosiddetta lingua protoindoeuropea.
Anche su tanti libri di Storia, esiste l'accenno all'origine...la mezzaluna o triangolo fertile. Alcuni scrivono che l'origine della società occidentale e anche di tutte le nostre lingue, sia un popolo localmente assai isolato dall'intorno, ma poiche popolo di navigatori molto evoluti, i Sumeri., hanno 'inseminato' il cosiddetto oggi 'occidente'.
Per me e' piu' qualcosa piu' legato a una somma di una esclamazione OI e di qualcosa legato a mena, ovvero quanto la mena, come me la mena, piu' vicino a qualcosa del tipo che palle che fatica che noia che mi tocca fare, qualcosa che mi prende sulla stanchezza.
Lo diceva il vecchietto, lucchese doc, mio vicino quando intraprendeva qualche lavoretto in giardino e non ne aveva piu' la forza.
Faceva il paio con boia di dinci.....
Alcune donzelle forse dopo la prima notte han gridato "oioiohoi l'imene !!" Ma è una cosa diversa mia nonna diceva oimmene oppure oimmena quando qualcosa non andava bene, o faceva uno sforzo etcetc
Idro - 01/09/2025 11:47Se Catullo fosse stato lucchese, a quest’ora diremmo che s’era invaghito d’una donna “co’ più grilli nel capo che capelli”.
Il poeta latino, giovane, innamorato e un po’ disperato, trovò la sua musa in Clodia, che nei suoi versi chiamò Lesbia (già il nome, scelto apposta per ricordare Saffo di Lesbo, dice tutto).
Lesbia era bella, colta, affascinante, ma anche volubile e libera di costumi. Per Catullo fu come il primo amore di tanti ragazzi di Lucca: quello che ti fa cantare sotto le mura e ti lascia insonne la notte. Solo che a lui invece delle canzonette venivano i carmi immortali.
Il problema? Lesbia non fu mai “moglie fedele”, anzi: tradimenti, gelosie, colpi di scena. Catullo la amava e la odiava nello stesso tempo. Nei suoi versi si sente l’entusiasmo dell’inizio e la rabbia della fine.
Un po’ come dire: “O immène, m’ha fatto vedé le stelle e poi m’ha buttato giù dai’ tetto!”.
Così, quando oggi leggiamo i carmi di Catullo, dentro ci troviamo quella passione senza pace che tanti a Lucca conoscono bene, perché gli amori tormentati, si sa, non hanno confini di tempo né di luogo
O icché c’entra Catullo e l’Imene dio del matrimonio co’ l’“oimmène” nostro? A Lucca s’è sempre detto così, per fa’ meraviglia o per dalli forza a ‘na frase. Nun tu’ vo’ mica che i mi’ nonni quand’andavan a zappà i campi pensassin a Catullo!
È roba nostra, nasce dal parlato, mica da’ libri. E poi in Toscana tante parole si son “stiracchiate”: immane diventa immène o oimmène, e via. Non serve un documento scritto, basta orecchià come parlavan i vecchi: l’è tradizione, non latino classico.
Quindi tranquillo: l’“oimmène” lucchese l’è lucchese davvero, e un c’ha nulla a che vedé né co’ l’anatomia né co’ gli dèi antichi. È solo un’esclamazione che sa di casa nostra.
Capisco l’obiezione, ma il punto è proprio questo: a Lucca (come in altre zone toscane) si è conservata una pronuncia e un uso popolare che non sempre trovano riscontro diretto nei testi letterari classici. L’“oimmène” che usano i lucchesi non ha nulla a che vedere con l’“Imene” invocato da Catullo come dio del matrimonio, né con l’anatomia, ma è un modo espressivo, tipico del parlato, per sottolineare meraviglia o esagerazione.
L’ipotesi che derivi da “immane” ha una sua plausibilità, perché in diversi dialetti toscani le vocali e le consonanti si sono modificate in modo simile (ad esempio immane → immène/oimmène), anche se ovviamente non esiste un documento scritto che lo “certifichi”: parliamo di tradizione orale.
L’“oh Imene” letterario di Catullo, quindi, non è lo stesso “oimmene” lucchese. Sono due cose diverse che solo in apparenza coincidono nella forma, ma hanno origini e funzioni completamente differenti: l’uno è un dio della mitologia, l’altro è un intercalare popolare.
Imene figlio di Apollo..... non parlavo di anatomia! Che sia una pronuncia di "immane" lo dice Lei, ma non mi pare dimostrabile in alcun modo, a meno che Lei non trovi qualche documento o forma dialettale in cui al posto di "immane" si usa "immene". L'espressione "oh Imene", come si vede dal passo di Catullo, è invece attestata in letteratura.
Anonimo - 01/09/2025 01:00La mi' nonna contadina bonanima, 'oimmena' lo usava le volte, poche, che perdeva le staffe, di fronte ad un fatto dove si sentiva impotente, non poteva far nulla.
Quando improvvisamente iniziava a piovere e c'era il fieno bell'asciutto da impila' in covoni...
e tutti (TUTTI) a correre rastrello di legno e forca, io ragazzino, avevo la mini-forca, manico corto e sdentata, che ho ancora nel ripostiglio.
Gesù, altra era, che tempi!
'Un ritornin più.
È una storpiatura dialettale di “immane” → cioè “enorme, tremendo”, usata però in senso esclamativo, un po’ come dire “madonna!”, “boia dé!”, “o cielo santo!”.
Esempio lucchese/pratese:
“O immèna che casino!” = “Mamma mia che confusione!”
“O immena, tu l’hai visto cosa ha fatto?!”
Insomma è un modo di dire colorito, molto toscano, che non c’entra né con l’anatomia né con significati “strani”: è solo un’esclamazione di stupore.
Oh Imene! si riferisce a Imene, Dio protettore del matrimonio e figlio di Apollo. Non si sa come l'espressione sia entrata nel lessico popolare, né quando. Comunque non è un'espressione "lucchese" in senso stretto, bensì tipicamente toscana, che è presente anche nel lucchese e che è invece rara o assente in altri dialetti della provincia di Lucca, in particolare in quelli di media valle del Serchio, Garfagnana e Versilia.
O Tu che ’l poggio ombroso
Abiti d’Elicona
Gentil prole d’Urania,
Per cui si tragge, e dona
La verginella al destinato sposo;
O Imeneo Imene,
Imene o Imeneo.
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